La gestione dei Rifiuti Solidi Urbani (RSU) è uno dei problemi che attualmente riscuote grande interesse per le implicazioni ecologiche, sanitarie, economiche e sociali. La normativa ambientale ha imposto criteri sempre più severi e rigidi a tutela dell’ambiente e dei cittadini, i quali a loro volta sono sempre più consapevoli dei danni provocati da una errata gestione dei rifiuti. Una recente pubblicazione di dati da parte dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha evidenziato una diminuzione della quantità di rifiuti prodotti pro capite, una tendenza che riflette la situazione Europea e che trova ragione d’essere sia nella crisi economica che in una più attenta modalità di gestione dei rifiuti, con il risultato di un contenimento nella produzione degli stessi. I dati presentati lasciano intuire che la tendenza possa essere confermata anche nei prossimi anni, in ogni caso attualmente in Italia la produzione pro capite annua di rifiuti si attesta intorno ai 500Kg; numeri che moltiplicati per la popolazione ed in considerazione della elevata densità demografica, danno un’idea dell’estrema diffusione dell’attività e, di conseguenza, dei rischi ad essa connessi.
Nel settore dei rifiuti, le misure di prevenzione e gli aspetti relativi alla valutazione e gestione dei rischi meritano una particolare attenzione sia per il potenziale pericolo intrinseco nel rifiuto stesso, sia per le attività svolte dagli operatori coinvolti (rischio biologico, chimico, incendio, punture o tagli per cadute accidentali delle persone o per caduta di oggetti, investimento o collisione tra mezzi, vibrazioni per stress termico, fatica o movimentazione di carichi). Le diverse fasi che seguono la produzione del rifiuto (raccolta, gestione e smaltimento) interessano invece un minor numero di individui, ovvero gli operatori ecologici, impiegati in ognuna delle tre distinte fasi.
Indipendentemente dalle modalità stabilite per la raccolta (micro-raccolta piuttosto che conferimento in cassonetti), gli operatori ecologici coinvolti risultano esposti ad una serie di pericoli potenziali, e non sempre facilmente intuibili, che devono essere oggetto della valutazione dei rischi da parte dell’ente erogatore del servizio. Le principali misure di prevenzione partono, come sempre, da una adeguata formazione ed informazione del personale addetto, da una corretta organizzazione della logistica lavorativa e dalla fornitura di adeguati dispositivi di protezione individuale (guanti anti-taglio, calzature antinfortunistiche ed in alcuni casi indumenti e occhiali protettivi).
Questo tema inizia ad essere preso in considerazione solo in questi ultimi anni, ma non fa ancora parte della cultura di “base” in merito la sicurezza sul lavoro per questo settore produttivo. Sia negli impianti di trattamento di RSU sia in discarica, gli agenti di rischio biologici rendono critici tutti i luoghi analizzati, ivi compresi gli uffici, gli ambienti indoor dove non è prevista la compartimentazione e l’interno delle macchine operatrici, nei quali i livelli di contaminazione batterica e fungina sono spesso molto elevati (>>2000 UFC /m3 ), tendendo ad aumentare nel periodo estivo a seguito dell’aumento delle temperature che favorisce lo sviluppo dei microorganismi.
È importante quindi elaborare misure di prevenzione che partano dalla riprogettazione stessa degli ambienti di lavoro e degli impianti di aspirazione e di ventilazione, in modo che vi siano opportune zone filtro ed una adeguata separazione tra gli ambienti di lavoro a rischio diverso.
Anche la presenza di polveri, sia negli ambienti chiusi che in prossimità delle macchine che movimentano elevate quantità di rifiuti, costituisce un significativo rischio chimico, la cui esposizione prolungata può generare patologie a lungo e medio termine nei lavoratori esposti.
Il rischio biologico è uno dei temi ripresi dal D.lgs. 81/08 in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Tale rischio, riferito al titolo X, comprende tutte le attività che possono comportare un’esposizione ad agenti biologici in maniera deliberata e non (rischio potenziale).
Un tecnico competente, quale il Tecnico della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro, deve saper individuare anche il punto in cui effettuare il monitoraggio, prendendo in considerazione alcune criticità come, ad esempio, i fattori ambientali che influiscono sui microorganismi e sul materiale particellare, le sinergie con altri gruppi di agenti biologici, la possibilità che il lavoratore vi entri in contatto e in quale modo.
Prevenire vuol dire ridurre la quantità e la pericolosità dei rifiuti da gestire. Misure di prevenzione possono essere applicate a tutte le fasi del ciclo di vita di un prodotto, a partire dalla progettazione e produzione, promozione, distribuzione, vendita e impiego fino alla sua dismissione a fine vita. Analizzando ogni fase nel ciclo di vita d’un prodotto è possibile individuare interventi per ridurre la produzione di rifiuti ad essa associati e definire i livelli ai quali è necessario operare, nonché i soggetti interessati. Già nella fase di progettazione si possono fare considerazioni su tipo, quantità e qualità di materiali da usare nell’ottica di un minore impatto ambientale del prodotto a fine vita.
Dott.ssa Francesca Laurini
Docente a contratto del Corso di Laurea in Tecniche della Prevenzione in Ambiente e nei Luoghi di Lavoro – Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.